Il grano antico siciliano, credo religioso della civiltà agricola dell’Isola, è il simbolo di rinascita e di eterna abbondanza, con una lunga storia di quasi novemila anni da raccontare che vede protagoniste le sapienti mani dei contadini che lo hanno selezionato e mantenuto, custodendo la tradizione cerealicola primordiale.
Giallo come il sole, prezioso come l’oro, rappresenta una ricchezza frutto di lenti processi evolutivi, patrimonio genetico della biodiversità mediterranea. Intriso di religione e miti, il grano rappresenta una solida realtà che ha ben resistito sotto tutte le dinastie che si sono succedute, marchio della Sicilia granaio del Mediterraneo e dell’Europa, con la storia dei suoi chicchi che portano i segni del tempo, un grano che ha nutrito in epoca romana una Sicilia definita dal politico e oratore, Catone il Censore, “Il granaio della Repubblica, la nutrice al cui seno il popolo romano si è nutrito”, tricum che le sacre scritture citano parlando di bet-leheni, la casa del pane, spighe che hanno scelto la Sicilia come tappa fondamentale del loro viaggio millenario, ricordo sbiadito di un’immensa infiorescenza baciata dal sole, paesaggio dimenticato per lunghi anni, riscoperto dalle realtà biologiche e dalle aziende alimentari che apprezzandone il valore, sfidano le proposte delle multinazionali con un’agricoltura rigenerativa e sostenibile, utilizzando energie da fonti rinnovabili per i mulini a pietra.
Vecchi cereali biologici provenienti da una selezione millenaria di sapore genuino e aroma unico, gusto esaltato dalla coscienza critica dei consumatori, ormai consapevoli che l’uomo è ciò che mangia e che gli alimenti non corrotti fanno bene al corpo e alla mente.
L’Assessorato regionale dell’agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea, punta sui grani antichi e sulla filiera del frumento duro made in Sicily. Esistono infatti ventidue varietà autoctone (su 27 a livello nazionale) di frumento duro e tre di frumento tenero, iscritte al Registro Nazionale delle varietà da conservazione, il che ha permesso agli agricoltori siciliani di disporre di sementi certificate prodotte su più di duecento ettari.
“Sono tanti gli imprenditori in Sicilia che hanno scelto di tutelare le tradizioni, la qualità e la salute investendo sulla filosofia produttiva basata sul rispetto dell’ambiente, le aziende sono le vere protagoniste per valorizzare i prodotti della nostra terra, un grande contenitore di eccellenze che danno prestigio alla sicilianità”. A dirlo, Davide Morici, co-fondatore di Io Compro Siciliano, il più grande marketplace dedicato alle eccellenze enogastronomiche del made in Sicily, un brand che ne esalta qualità, identità e provenienza, partner del Granin Fest, festival che ogni anno punta alla poetica e sperimentazione del gusto, tornato quest’anno a Selinunte, nel Parco archeologico più grande d’Europa, scrigno millenario di storia, leggende e cultura.
Granin Fest è stato un inno alla biodiversità, talenti pizzaioli a lavoro con gli show cooking, si sono misurati con impasti di mix di antiche varietà di farine ed ingredienti al 100% siciliani, regalando un’esperienza unica con degustazioni di prodotti simbolo del territorio, laboratori e approfondimenti alla scoperta delle nostre radici che hanno appassionato, deliziato e indottrinato curiosi esperti e appassionati
I grani antichi siculi che hanno nomi simpatici e fortemente identitari, sfoggiano una cinquantina di varietà con caratteristiche che si differenziano in base alle aree di coltivazione. Tra i più noti, ritornati a deliziare i palati con un retrogusto che rimanda a un immaginario preindustriale sono: Timillia o Tumminia, profumato di malto, mandorle e grano tostato, sforna il famoso pane nero di Castelvetrano, uno dei presìdi Slow Food.
A ridosso della Valle dei Templi, nella zona di Raffadali, il pregiato Perciasacchi, che in dialetto significa buca sacchi per la sua forma appuntita, regala un gusto ancestrale che ricorda le spezie del Mediterraneo. Importato dalla Tunisia, ma diventato grano tipico dell’Isola, l’integrale Bidì, chiamato margherito, ha un intenso sapore riservato a pochi amatori. Alta, sinuosa e delicata, la bionda spiga Biancolilla profuma gli impasti e il saporito Russello, tipico dell’entroterra siciliano, coltivato soprattutto nella provincia di Ragusa, riassume tutta la sua bontà in un impasto croccante e leggero. Da secoli presente in Sicilia, la bianca Maiorca, esclusiva farina delle antiche ricette di dolci siciliani, pare abbia dato i natali alla scorza del cannolo.
Finalmente, dopo decenni di produzione di grano OMG, la riscoperta degli antichi grani siciliani è andata in parallelo al crescente mercato di pasta, pane, dolci e pizze, preparati con farine del nostro sacco, prive di micotossine, conservanti, coloranti e enzimi, una risorsa alternativa che coniuga i sapori autentici del passato con l’idea moderna, un patrimonio genetico della biodiversità mediterranea da supportare e valorizzare.
E come disse Leonardo Sciascia, antesignano della biodiversità, “La civiltà contadina non è morta e nello stesso momento in cui morirà, morirà anche l’uomo”.