…del prelibato gusto dei testicoli del toro

Palle bollite, palle fritte palle trifolate. Sembra che questa ghiottoneria esistesse fin dai tempi dei Greci, ma soprattutto nel mondo dell’antica Roma era considerata una pietanza con grandi proprietà afrodisiache

Lo so. L’argomento culinario che affronterò potrebbe mettere in imbarazzo più di un lettore.

Però, se solo si pensa quanta saggezza e tradizione di cucina occidentale si manifesta in quella preparazione dei testicoli, ebbene, ogni ritrosia legata alla singolare natura delle sfere dovrebbe essere superata.

Intanto va bene chiarire che mai uno chef (che sia degno di tale onorevole appellativo…) servirà al tavolo un paio di palle chiamandole con il proprio nome.

In effetti sarebbe, questo, un ostacolo insormontabile all’accettazione del piatto da parte di qualsivoglia “gourmand.”

Il nome che viene dato a queste squisite prelibatezze è quello di Granelli o Granelle.

Vi chiederete come mai possa essere data questa connotazione minimizzante a qualcosa che, notoriamente, ha aspetto e consistenza macromegalica.

Beh… signori cari… è questa la magia della ristorazione in cui, cambiando il nome delle cose se ne muta anche l’effetto seduttivo.

Una cosa è dire al cliente: “Hai sul tavolo un paio di palle marinate”, un’altra è dire: “Signore, le ho appena servito Grenelle in salsa verde di basilico e misticanza…”.

Insomma, se è vero che nell’antica saggezza romana “Nomina sunt consequentia rerum” ovvero che se hai davanti un paio di palle dovresti chiamarle nel modo esatto in cui si chiamano, beh… pensate quante volte vi è capitato di avere davanti un coglione e chiamarlo in modo diverso da ciò che è.

Quindi, non formalizzatevi troppo e andiamo avanti…

La cosa incredibile di questo piatto testicolare sta nella sua tradizione.

Sembra che questa ghiottoneria esistesse fin dai tempi dei Greci, ma soprattutto nel mondo dell’antica Roma era considerata una pietanza con grandi proprietà afrodisiache.

Più l’animale cui le palle erano state staccate (spesso a vivo…) aveva avuto un’intensa vita sessuale, più quelle proprietà si liberavano nel corpo di chi le aveva assaporate.

Per questo erano prediletti i testicoli di montoni, cervi, galli e cinghiali.

La credenza popolare tramandava l’idea che soprattutto le donne, grazie al consumo di quella carne prelibata, assumevano un aspetto più florido e piacevole.

Tanto è vera questa ricostruzione che in alcuni luoghi della savana africana la caccia alle palle di tigri e canguri, come doni nuziali per le giovani spose, è stata vietata.

Al di là del dato storico e folcloristico, però, resta la bontà di un alimento che – nella sua versione trifolata – non ha nulla da invidiare alla migliore trippa.

Non è un caso che ogni anno, in Serbia, si disputi il campionato mondiale di cottura dei testicoli con un cospicuo premio in danaro per il migliore gulash fatto con le palle di asino.

Potreste definire ciò che avete letto fino a questo momento una espressione di becera ancestralità.

Ma se pensate che nessuno ha mai eccepito qualcosa sulla “coda alla vaccinara” – malgrado quella parte animale non si trovi poi così lontana dall’altra che tanto scandalo crea – ebbene, vi farete ragione delle cose.

Solo vorrei sia chiaro che la prossima volta in cui vi rivolgerete a qualcuno chiamandolo “coglione fritto”, sappiate che gli avrete fatto un grande complimento…

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