LAFINANZAMAFIOSA: maiuscolo, tutto unito, inscindibile e con il colore carminio del prezioso plasma. In questa scelta titolativa vi è la sintesi – anzi, l’epitome sublime – della storia che leggerete.
Un racconto che si fa romanzo autobiografico con un condiviso percorso morale. Una storia che cerca di districare un labirinto e consegnarvi la luce di una Verità. Perché il sistema è malato e la sua malattia è di quelle degenerative che non lascia scampo. Fino a quando quella malattia è raccontata da altri, non è facile comprendere quanto sia letale.
Ma se la narrazione fa memoria del fibrillare del cuore e del fermarsi del respiro, allora ogni parola diventa empatia. Così, è facile comprendere – grazie alla ricostruzione della paradossale vicenda – quello che oramai tutti sospettano. L’economia vive di un antico e mai attenuato cannibalismo sociale. Partecipiamo una (sedicente) democrazia politica che, però, alberga una dittatura economica. Il denaro, sterco del demonio, si fa strumento di tortura e di oppressione per coloro che non lo possiedono.
E le banche – spesso – si trasformano nel traghetto di Caronte verso un infernale destino. Prestare denaro per riceverne di più è legale. Addirittura è atto di “religioso ausilio ai bisognosi”, se è vero che molte banche (vaticane e non) recano nomi di santi. Ma l’usura è delitto, tra i più feroci. Perché non uccide solo la vita dei singoli, ma devasta la cosiddetta economia della società civile.
Chi decide se un tasso è usurario? Qui sta il paradosso sul quale il libro scolpisce la Verità. Alla fine, è agevole inferirne che decidano coloro che l’economia controllano attraverso le potenti lobbies della finanza. Denaro è potere ed il potere è nel denaro: invertendo i termini il prodotto non cambia. La democrazia resta una finzione scenica in cui solo si chiude il sipario di epiloghi, sempre più spesso, esizialmente drammatici.