U jardinu di Sicilia

L’arancia Rossa siciliana piace soprattutto all’estero dove cercano di imitarla senza speranze perché a renderla unica sono le caratteristiche climatiche e i terreni

Li chiamano jardini perché se ne prendono cura come se fossero i giardini di casa. In realtà sono agrumeti, centinaia di alberi di arance e limoni che ornano la campagna tra Catania e Siracusa. In questo territorio tra l’Etna e il mare, cresce rigogliosa e ricca di sfaccettature aromatiche, l’arancia rossa di Sicilia igp. Un frutto che, negli anni, ha dovuto fare i conti con malattie e tecniche agrumicole superate che hanno reso faticoso stare al passo col mercato.

“Ma da circa dieci anni è iniziata la riconversione di terreni e aziende e adesso si cominciano a vedere i primi risultati – dice Giuseppe Di Silvestro, presidente dell’Organizzazione di produttori “O.P. Rossa di Sicilia” e consigliere del Consorzio Igp Arancia Rossa -. Cloni di tarocco e moro ci stanno permettendo di riconquistare il mercato”.

La Rossa siciliana piace, soprattutto all’estero e non mancano tentativi di imitazione “ma nessuna potrà mai avere il gusto delle nostre – dice Di Silvestro – perché le caratteristiche climatiche e dei terreni le rendono uniche”. Grazie alle notevoli escursioni termiche presenti nella zona, infatti, si determina nei frutti un accumulo zuccherino e di pigmenti che conferiscono alle arance il tipico colore rosso della buccia, con sfumature rosso vinose più intense su un lato del frutto ed un sapore dolce e succoso con una leggera nota acidula.

L’organizzazione di produttori, “O.P. Rossa di Sicilia” riunisce 9 fra associazioni e cooperative a cui aderiscono 239 soci produttori e 23 soci singoli per un totale di 262 aziende agricole socie che operano prevalentemente sul territorio della Sicilia orientale, nelle province di Catania, Siracusa, Ragusa, con circa duemila ettari coltivati.

“Data la richiesta del mercato – continua Di Silvestro – abbiamo fatto un lavoro importante con gli enti di ricerca per migliorare la qualità e allungare la vita delle arance. Oggi possiamo contare su varietà che arrivano fino a giugno”.

Ma per essere realmente competitivi la strada è ancora lunga. “Manca a livello nazionale un catasto agrumicolo e poi è necessario fare sistema, soprattutto con le aziende che si sono riconvertite e sono più moderne. Inoltre – aggiunge il presidente della “OP Rossa di Sicilia” – il trasporto per noi rimane ancora un problema. Abbiamo assolutamente bisogno di infrastrutture migliori”.

Intanto il Consorzio e i produttori si impegnano per fare conoscere l’igp arancia rossa, diventata simbolo di un territorio. “Noi abbiamo un’azienda di cento ettari in biologico nella quale abbiamo voluto diversificare le zone di produzione per avere arance rosse in tutti i periodi dell’anno”, racconta Salvo Di Giorgio, titolare con i fratelli e nipoti dell’agriturismo Badiula a Carlentini, nel siracusano, una struttura autosufficiente dal punto di vista produttivo nella quale si  allevano bovini e ovini, si trasforma il latte in ottimo formaggio e crescono rigogliosi anche gli ulivi dai quali si ricava un ottimo olio. Qui si producono circa un milione di chili tra arance e limoni ed è stata avviata anche una coltivazione sperimentale di bergamotto, “molto richiesto dal mercato per essenze e profumi ma anche come frutto”, aggiunge Alfio Di Giorgio, fratello di Salvo. 

“Quello dell’agriturismo Badiula è un esempio virtuoso – conclude Di Silvestro -. Noi stiamo cercando di convincere tutti gli operatori ad utilizzare meglio l’igp perché l’identificazione del prodotto con un territorio è fondamentale. Inoltre, da quando è arrivata la pandemia, ci siamo accorti che i consumatori sono più attenti a ciò che mangiano e scelgono di acquistare il prodotto locale che è più salubre. Dobbiamo essere pronti alle nuove sfide del mercato”.

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