Chissà quante volte vi sarà capitato di usare questa parola: CODICE.
Si può affermare – senza tema di smentita – che il suo uso sia stato generalizzato a tante necessità del vivere quotidiano.
E, così, se il termine è ampiamente utilizzato nella materia giuridica dove i codici racchiudono un insieme di norme, in altri scenari la parola CODICE sta a connotare una regola convenzionale imposta affinchè uno (o più) destinatari ne percepiscano sùbito l’effetto comportandosi di conseguenza.
L’esempio concreto di questo uso verbale lo ritroviamo nei pronto soccorso medici dove l’intervento più cogente è condizionato all’attribuzione del “CODICE rosso”.
Con lo stesso colore, vengono oramai chiamate le indagini (e i processi penali) relativi alle violenze sulle cosìdette fasce deboli sociali.
Senza dire che, senza un CODICE, vi è impossibile accedere a un apparato elettronico qualsivoglia esso sia, a una rete di comunicazione o altra banca dati.
Il vostro CODICE fiscale è diventato importante tanto quanto la carta d’identità.
Nè mai andrete ad una festa a tema senza conoscere prima quale sia il “dress code” che vi si impone.
Insomma, il sostantivo CODICE – spesso associato a un aggettivo di ulteriore qualificazione – ci connota e individua dal nostro DNA (che non a caso si chiama CODICE genetico…) fino all’ultimo messaggio sms avvenuto – è inutile dirlo – con un CODICE di trasmissione.
Affermare che l’importanza di un CODICE fosse nota al genere umano fin dai tempi in cui si comunicava solo con i segni potrebbe sembrare una banalità.
Anzi, lo è di certo se si considera che il linguaggio in uso ai soggetti privi dell’udito o della voce ha proprio il nome di CODICE Braille.
Mentre il CODICE Morse è quello con il quale generazioni di telegrafisti si scambiavano le informazioni prima dell’invenzione del telefono.
Leonardo da Vinci, dall’alto della sua grandezza intellettiva, concepì un CODICE che ancora porta il suo nome.
Quanto fosse importante quel documento (ribattezzato “Codex Leicester”) è confermato dal fatto che il magnate americano Armand Hammer decise di acquistarlo per il prezzo folle di cinque milioni di dollari: il manoscritto più pagato del mondo.
Ma nessuno mai, nel corso della storia dell’umanità, ha pensato di creare un CODICE senza CODICE come quello realizzato dall’italiano Luigi Serafini.
Divenuto un libro di culto, ma conosciuto da pochi.
Il “Codex Seraphinianus” ha 360 pagine, mille disegni per la maggior parte in forma di assai curiose metamorfosi grafiche. L’alfabeto usato è sconosciuto, forse pure al suo autore perché interamente asemico (ovvero astratto e non significante).
Una enciclopedia surreale in cui l’architettura, la tecnologia, la fisica, la zoologia, la botanica e tanto altro sono reinterpretati in un’assolutezza fantastica e visionaria.
Nulla è stabile, nell’invenzione del genio Serafini.
Esattamente il contrario di ciò che un CODICE impone.
Quel linguaggio serve per comunicare qualcosa che nessun altro algoritmo, da solo, sarà mai in grado di creare: la fantasia.
Unico privilegio di infinito concesso all’uomo nel suo cammino…