Capita a volte che nelle pieghe di storie che sembrano ordinarie, si nascondano episodi e personaggi che invece sono straordinari. Questo è il caso di una famiglia aristocratica siciliana del Cinquecento, che aveva conosciuto un momento di crescita, a partire dal Quattrocento con l’acquisto di uno dei più prestigiosi feudi del sud-est ovvero la Baronia di Spaccaforno.
Le ricerche nell’Archivio di Stato di Noto e in Spagna di Antonello Capodicasa, un amico geologo col pallino per la storia locale, ci avevano fatto scoprire i passaggi dell’ascesa di questa famiglia, con atti di successione, contratti e altri documenti notarili, oltre a restituire una fotografia molto dettagliata della società siciliana. Documenti importanti anche per un aspetto poco conosciuto della cultura storico-militare, descrivono infatti il contenuto in armi della fortezza di Spaccaforno, la cosiddetta “Forza”. L’elenco testamentario di uno dei signori è davvero impressionante e ci dà anche i nomi in siciliano delle parti dell’ armatura a piastre tipica del ‘500: chilati (elmo con visiera), brazali in azzaro (bracciali in acciaio), lanzi di Justra (lance da giostra), caxi cum curyazi alla ginuisca (casse di corazze pettorali alla genovese), giurgiera di maglia (gorgiera in cotta di maglia) …
Ma quello che succede alla morte dell’ultimo signore maschio della famiglia Caruso, Antonio quarto signore di Spaccaforno, è qualcosa che rompe le consuetudini siciliane. Antonio aveva due figlie, Isabella sposata e sistemata con Ercole Statella, funzionario del governo Regio e rampollo di una illustre famiglia siciliana, l’altra la minore Alvira, come da consuetudine avviata alla vita monastica presso il convento delle Clarisse dell’antica Noto, di cui divenne badessa, cosa che comunque non la farà rinunciare al titolo di baronessa di San Lorenzo (feudo tra Vendicari e Marzamemi). C’è la poi un altro figlio naturale, Giuseppe, ed è proprio a lui che il barone Antonio aveva deciso con testamento di lasciare la Baronia principale.
Ma a quel punto Isabella figlia primogenita (legittima, naturale, immediata e indubitata come rivendica lei stessa) decide di attuare un piano strategico.
Morto Antonio la sera del 1 gennaio 1537 nella sua casa a Noto, i maggiorenti della città si erano dati appuntamento la mattina successiva, presso la casa del magistrato, il sindaco (suo zio), il capitano, il secreto e ovviamente il notaio per dare lettura del testamento, la cerimonia pubblica e solenne, in quanto le volontà del barone avevano implicazioni civili.
Isabella decide il colpo di mano, e all’alba ante auroram prende possesso del castello della Forza, secondo un rituale medievale, in cui alla presenza di un notaio sgretola una zolla di terra davanti l’ingresso, dispone l’apertura e la chiusura di ogni porta e finestra, la rimozione di tutte le cariche civili e militari della città per poi rinominarle a suo piacimento. Atti che manifestano l’effettivo dominio e autorità.
Un rituale che è nella memoria di noi siciliani ed è conservato nel modo di dire, prendere possesso, pigghiari pusessu di un bene.
Contestualmente il marito Ercole prenderà possesso di altri feudi per nome e per conto della moglie Isabella. Gli atti di questi eventi saranno inviati alla capitale Palermo per disporre l’annullamento del testamento del padre e poter ricevere l’investitura della Baronia di Spaccaforno, così Isabella diventerà una delle prime donne siciliane titolare di una Terra Baronale (una città feudale). Fatto reso possibile dalla non applicazione in Sicilia della legge salica.
La prematura morte del marito Ercole (pochi mesi dopo) lascerà Isabella sola nella gestione della Baronia per 17 anni, in un mondo abituato ad obbedire agli uomini, lei governerà con rigore e determinazione, rendendo la città più florida di come l’aveva ereditata. Ma l’investitura non comportava solo il possesso e l’amministrazione feudale, ma anche la nomina a Pari del Regno, ovvero appartenente al braccio militare del parlamento siciliano. Negli anni di governo e di pari del Regno, si tennero 9 Parlamenti (in varie parti della Sicilia) che stabilivano e approvavano sostanzialmente il “donativo”, cioè la legge finanziaria.
Non sappiamo, ma le ricerche sono in corso, se Isabella partecipò personalmente a qualcuno di questi Parlamenti o si limitò a esprimere la sua preferenza attraverso un suo procuratore, cosa che a volte avveniva, il che farebbe di lei la prima donna parlamentare della storia. Certamente, fu un membro di quella assise, un istituzione unica tra monarchie europee che rendeva quella siciliana molto diversa dalle monarchie assolute.
Come riferimento basta ricordare che la prima donna deputato ufficialmente riconosciuta fu Nancy Aston, eletta al parlamento inglese nel 1919 e che la camera dei Lord aprì le porte alle donne soltanto nel 1958.
Alcuni indizi tendono però a farci credere che la presenza delle donne era comunque in qualche modo ammessa nel Parlamento siciliano, un’illustrazione che ritrae sala d’Ercole (ancora oggi la sala che ospita il Parlamento siciliano), tratta dal “Teatro geografico antiguo y moderno del Reyno de Sicilia” pubblicata in Madrid nel 1686, indica uno spazio riservato alla Viceregina e alle Dame, quindi anche se non tra gli uomini, in qualche modo le donne potevano accedere e seguire i lavori parlamentari.
Quasi settantenne Isabella cedette la baronia al figlio Ercole Statella e dispose di essere sepolta nella cappella di famiglia della Santissima Annunziata di Spaccaforno.
L’idea: una conferenza che si trasforma in spettacolo
La straordinaria esperienza di Isabella Caruso grazie al lavoro della Pro loco di Noto e del club Val di Noto è diventata uno spettacolo “La Forza e il Possesso – Isabella Caruso” e grazie alla splendida interpretazione di Santinella Ingallina ha restituito la forza di questo straordinario personaggio.
Grazie a un testo rielaborato dalla stessa da un idea dello scrivente.
Nella fastosa cornice del salone delle feste di palazzo Nicolaci di Villadorata a Noto, alla presenza dei discendenti diretti di Isabella Caruso e Statella, la famiglia del barone Franzo Bruno Statella e dei rappresentanti della chiesa dell’Annunziata, che custodisce ed espone, la lastra sepolcrale in statuario bianco di Carrara di Niccolo, nonno di Isabella e dove anche lei riposa, si è svolto l’evento che da conferenza all’ improvviso con la comparsa di Isabella, del notaio e della sua corte in abiti storici e tra le note di strumenti musicali della meta del 500 del Orchestra Barocca Siciliana, ci ha portato indietro nei secoli.
Il sogno è quello di riportare questa straordinaria storia nei luoghi dove essa si svolse realmente ovvero al Parco Archeologico della “Forza”, la Fortezza dei Caruso, nell’odierna Ispica, antica Spaccaforno.
L’idea condivisa con il compianto Calogero Rizzuto, allora Sovrintendente di Ragusa – che aveva avviato la messa in sicurezza e ammodernamento del castello – sembrava prossima alla realizzazione, non appena completati i lavori al Parco, ma la sua scomparsa avvenuta nel 2020 per la pandemia, interruppe questo progetto.
Grazie a questo evento si sono riaccesi entusiasmo e determinazione e presto continueremo a raccontare questa storia, anche alla luce di nuove scoperte.